Santo Stefano: leggenda, storia e tradizioni
Il 26 dicembre, il giorno subito dopo Natale, festeggiamo Santo Stefano.
Si tratta di una ricorrenza relativamente recente che, per, ha un significato molto antico e profondo.
Perché il nostro calendario lo segna in rosso? Come mai a questo Santo è dedicata una giornata di festa?
IL PERCHÉ DELLA FESTA DI SANTO STEFANO
Subito dopo il Natale, la celebrazione liturgica ricorda coloro che hanno seguito Cristo fino a subirne il martirio, ossia i così detti “Comites Christi”.
Stefano è, per antonomasia il protomartire: il primo che ha professato la parola di Gesù in modo tanto coerente ed estremo da subire il martirio.
LA LEGGENDA
Secondo la leggenda, tra i vari pastori accorsi ad adorare Gesù Bambino, c’erano anche delle donne che avevano portato i propri bambini affinché Gesù li benedicesse. Tecla, una giovane sposa, non aveva figli, ma desiderava tanto averne uno. Per non essere da meno delle altre, prese una grossa pietra, l’avvolse in uno scialle, mise sulla sommità una cuffietta e se la teneva fra le braccia, proprio come se fosse stato un bambino appena nato.
Vedendo Gesù così bello e sorridente, si commosse e scoppi in un pianto a dirotto intanto che si trovava in ginocchio, davanti alla capanna. Quando si alzò per ritornare a casa, Maria, che aveva letto nel suo cuore comprendendo il suo innocente inganno le domandò:”Tecla, che cosa porti in braccio?”
Sentendosi scoperta, la donna rispose: “Allatto un figlio maschio.” Allora la Madonna le disse: “Su, scopriti il seno e allatta tuo figlio; da questo momento il tuo desiderio é stato esaudito. La tua pietra é diventata un bel bambino.”
La donna scostò lo scialle che avvolgeva la pietra e rimase meravigliata per il miracolo che era stato compiuto per lei: tra le braccia aveva il suo primo figlio.
“Ricordati però”, le disse ancora Maria, “che egli é nato da una pietra e morirà a colpi di pietra.”
Questo bambino fu chiamato Stefano, divenne discepolo di Gesù e fu il primo ad affrontare il martirio.
STEFANO: IL TESTIMONE DI GESÙ
Tralasciando la leggenda, del grande e veneratissimo martire s. Stefano, si ignora la provenienza, si suppone che fosse greco, in quel tempo Gerusalemme era un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse; il nome Stefano in greco significa “coronato”.
Si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica: Certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiani e che prese a seguire gli Apostoli: Vista la sua cultura, la sua saggezza e la fede genuina, divenne anche il primo dei diaconi di Gerusalemme.
Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7 narrano gli ultimi suoi giorni. Qualche tempo dopo la Pentecoste, il numero dei discepoli andò sempre più aumentando e sorsero anche dei dissidi fra gli ebrei di lingua greca e di lingua ebraica, perché secondo i primi, nell’assistenza quotidiana, le loro vedove venivano trascurate.
Allora i dodici Apostoli, riunirono i discepoli dicendo a loro che non era giusto che essi perdessero tempo nel “servizio delle mense”, trascurando così la predicazione della Parola di Dio e la preghiera, pertanto un simile compito doveva essere affidato ad un gruppo di sette di loro, così gli Apostoli potevano dedicarsi di più alla preghiera ed al proprio ministero.
La proposta fu accettata e vennero eletti, Stefano uomo pieno di fede e Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas, Nicola di Antiochia; a tutti, gli Apostoli imposero le mani; la Chiesa ha visto in questo atto l’istituzione del ministero diaconale.
Stefano, pieno di grazie e di fortezza, compiva grandi prodigi tra il popolo, non limitandosi al lavoro amministrativo. Era estremamente attivo anche nella predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto.
Nel 33 o 34, gli ebrei ellenistici vedendo il gran numero di convertiti, sobillarono il popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”.
Gli anziani e gli scribi lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”.
Ed, alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli ‘Atti degli Apostoli’, nel quale ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato, per mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli Ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore.
Rivolto direttamente ai sacerdoti del Sinedrio concluse: “O gente testarda e pagana nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la Legge per mano degli angeli e non l’avete osservata”.
Mentre l’odio ed il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano ispirato dallo Spirito, alzò gli occhi al cielo e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio”.
Fu il colmo: elevando grida altissime e turandosi gli orecchi, i presenti si scagliarono su di lui e lo trascinarono fuori dalle mura della città, presero a lapidarlo con pietre, i loro mantelli furono deposti ai piedi di un giovane di nome Saulo (il futuro Apostolo delle Genti, s. Paolo), che assisteva all’esecuzione.
In realtà non fu un’esecuzione, in quanto il Sinedrio non aveva la facoltà di emettere condanne a morte, ma non fu in grado nemmeno di emettere una sentenza in quanto Stefano fu trascinato fuori dal furore del popolo, quindi si trattò di un linciaggio incontrollato.
Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli sfrenati aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore non imputare loro questo peccato”.
LA FESTA IN ITALIA
La celebrazione di Santo Stefano il 26 dicembre, in Italia, è stata introdotta, come festa nazionale, solo nel 1947. Si tratta di una ricorrenza destinata, non solo a protrarre le festività natalizie, ma anche a rendere ancora più solenne il Natale, giorno della nascita di Cristo.
LE USANZE PER SANTO STEFANO
Quali sono le usanze, le tradizioni, legate al giorno di Santo Stefano?
Per chi trascorre lo trascorre a casa, il pranzo di Santo Stefano è, da sempre, rappresentato dagli avanzi del giorno prima.
I cibi rimasti dal cenone della vigilia e dal pranzo del Natale si trasformano in un lauto banchetto a base di affettati, salmone affumicato, funghi sott’olio, patè dai più svariati gusti…
L’alternativa, specie per chi ha cucinato nei giorni precedenti, è di prenotare in un bel ristorantino di cucina tipica regionale trascorrendo una giornata all’insegna del relax.
Chi, invece ha una seconda casa, talvolta e specialmente al Sud, ha l’usanza della scampagnata, tempo permettendo.
Ci che non manca, nei giorni di festa e soprattutto a Santo Stefano, è la tombolata con l’immancabile panettone a centrotavola.
Auguri a chi porta il nome di Stefano e Stefania!
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