La radiestesia è una cosa seria o è "roba da indovini"?
Da quando si è iniziato a parlare dell’olistico, più o meno dalla metà degli anni Settanta, l’interesse per la radiestesia si è rinnovato, e sempre più attenzione, pur rimanendo una disciplina di nicchia, ha avuto in Italia anche la radionica.
Diciamo come stanno le cose: la radiestesia (la ricezione delle risposte dal subconscio tramite l’uso del pendolo) è conosciuta da secoli, e ha avuto i suoi periodi di gloria e di oblio.
Ma quando alla domanda di qualche conoscente su quello che faccio nella vita rispondo, prudentemente: “mi occupo di radiestesia”, nella maggioranza dei casi vedo una smorfia d’incomprensione, e, qualche volta, mi sento dire anche: “oh, per l’amor di Dio”.
E sapete perché?
Perché un uomo comune associa il pendolo all’immagine di un mago-furbacchione che in TV lo adopera per indagare sulle domande delle ascoltatrici. Il pendolo è visto, dall’uomo medio, non senza la complicità dei media e delle fonti “scientifiche”, un po’ come la sfera di vetro o i tarocchi. Non è una cosa seria, si pensa...
Mi dispiace tanto per una fama ambigua di questo nobile mezzo dell’auto-conoscenza. La radiestesia NON è un mezzo di divinazione.
Non serve per indovinare i numeri del lotto.
La radiestesia è un’antichissima arte che aiuta a connettersi con il proprio subconscio.
Serve soprattutto per conoscere, ma anche per curare se stessi.
Se fatta bene, nel rispetto delle regole, con costanza, la radiestesia permette di capire che cosa non va nella nostra salute e soprattutto PERCHÈ non stiamo bene. Permette di capire molte cose sulla nostra mente, sulla psiche e su ciò che ci circonda, individuando cose utili e nocive.
Vi sembra poco?
E la salute è un bene supremo. Sulla guarigione distica sono stati scritti migliaia di libri. In internet si possono leggere migliaia di pagine su questo argomento.
C’è qualcosa però, che possiamo iniziare a fare subito, per tornare a essere in salute. La strada non sarà lunga, se impariamo a tirare fuori quelle informazioni preziose che sono raccolte nel subconscio. Fare la radiestesia serve a questo.
Il guaio è che alla fine si leggono molte cose, ci entusiasmiamo e ci proviamo, ma la pratica è tutt’altro discorso.
Dove sta il tranello, allora? Come mai non se ne parla? Come mai non la insegnano alla grande; perché le holding dell’olistico se ne disinteressano?
Il fatto è che la percentuale di coloro che rinunciano a usare il pendolo, dopo una serie di prove, è altissima. L’arte della radiestesia richiede esercizio, costanza e autodisciplina. Tutte qualità che scarseggiano nelle nostre vite frettolose...
Tuttavia, i principali motivi della rinuncia sono questi:
- “Non sono sicura/o delle risposte che mi dà il pendolo”;
- “Mi sa che sono io che lo faccio muovere, perché mi vengono sempre quelle risposte che ho in mente”.
Ecco, l’insicurezza dovuta ad un risultato incerto è uno dei principali ostacoli. Lo so bene, ci sono passata anch’io.
Il pendolo
Personalmente, presi in mano il pendolo per la prima volta nel 1986. Era nient’altro che un ago appeso a un filo. Ma bastò per incuriosirmi!
Da allora, nel corso degli anni, lo abbandonai molte volte, sempre dopo una serie di errori (le risposte erano chiaramente dettate dalla mia coscienza, erano quelle che mi aspettavo e quindi, non sempre erano veritiere). E altrettante volte, dopo lunghi intervalli, ripresi le esercitazioni.
Erano, per me, delle esperienze amare, quei distacchi dal pendolo e la successiva convinzione di non valere niente, come radiestesista, nonostante l’alta percentuale dei successi. A me bastava un errore, ero molto severa con me stessa (sarà stato il complesso da “brava studentessa” che non ha il diritto di sbagliare...).
Lessi decine di libri che insegnano come si fa. Feci un mucchio di esercizi per individuare un simbolo nella busta chiusa, o una carta da gioco coperta, o un bicchiere con l’acqua salata, uguale a quello con l’acqua del rubinetto. Sinceramente, non so quanto possa servire questo tipo di esercizio, perché (a mio parere) ricorda un gioco e non fornisce una vera motivazione.
Personalmente, le esperienze più interessanti le ebbi con i quadranti radiestesici, con l’enciclopedia del radiestesista: “La radiestesia applicata alla medicina”, del prof. Ferdinando Bortone. Per anni questo libro ha soggiornato sulla mia scrivania.
Per fortuna questo libro è stato ristampato di recente, è una fonte preziosa... Avevo sempre studiato con passione, senza risparmiare tempo né fatica.
Più tardi terminai anche un percorso di studi radionici, iniziandolo da sola con i circuiti di Massimo Frisari e finendo con il diploma della scuola di radionica della Società italiana di radionica.
Ci tenevo ad avere delle risposte veritiere, anche perché lavoravo prevalentemente con la radiestesia “medica”: cercavo di carpire i problemi delle strutture eteriche e sottili del mio organismo o i malanni dell’ennesimo gatto che intendevo curare.
Ma è inutile dire che la mente mi giocò non pochi scherzi, nonostante diverse “diagnosi” confermate dai laboratori.
Solo dopo molti anni capii che la radiestesia non è un’arte mentale, è un’arte dell’Anima e dello Spirito.
Senza aver raggiunto una giusta maturità spirituale, non puoi diventare un radiestesista valido.
Questa è la mia convinzione. Lo capii anche dopo aver visto molti “radiestesisti esperti” sbagliare allegramente e non farsi nemmeno una domanda “perché sbaglio e cosa posso fare per evitarlo?!”. Lo so, le sconfitte si accettano comunque, ma migliorare è possibile, se ci poniamo questo obiettivo.
La “biolocazione” russa parla all’anima e allo spirito.
Nel 2007, m’imbattei per la prima volta in un libro russo dal nome “La biolocazione per tutti”. L’autrice del volume si chiamava Liudmila Grigorjevna Puchkò.
Leggendo la sua biografia capii che era un grande personaggio: era una scienziata (fisica) e anche radiestesista. Tra l’altro, la “biolocazione” è il nome con il quale molti russi chiamano la radiestesia.
Iniziai a studiare il metodo dell’auto guarigione “radiestesica” proposto dalla Puchkò, poi passai ad un altro grande studioso russo, un vero “evolutore” del metodo, Pavel.
Tecnica radiestesica
In seguito elaborai qualche tecnica radiestesica mia ed ebbi abbastanza soddisfazione risolvendo, con essa, alcune situazioni.
Nelle pagine successive parlerò delle idee di questi grandi ricercatori russi che da anni traduco e interpreto (non esistono delle pubblicazioni in italiano): Liudmila Puchkò e Pavel.
Non ho più abbandonato il pendolo, perché ora mi sono finalmente chiare le seguenti cose (sono fondamentali):
- La radiestesia non è solo una misurazione dell’energia/valore delle cose, o dei luoghi, o delle persone. Non è solo la ricerca dei nodi geopatogeni. Non è solo l’indagine sui sentimenti, sulle predisposizioni o “vizi e virtù” di se stessi o di un amico/cliente - temi proposti nella maggioranza dei libri sulla radiestesia forniti di grafici. Non è solo la commercializzazione delle proprie capacità psichiche per soddisfare lego proprio o del cliente;
- La radiestesia abbinata ad un “modello della realtà”, o ad una base teorica, a un metodo dell’indagine, permette di effettuare un’analisi molto più profonda ed ampia, coinvolgendo l’anima e lo spirito dell’operatore. Un modello della realtà logico e chiaro, alla base dell’analisi, permette di evolvere il lavoro radiestesico e di applicare le “tecnologie radiestesiche”;
- Il risultato di un radioestesista è strettamente collegato alla sua crescita spirituale; non si può essere buoni radioestesisti se nessuno ci insegna (con chiarezza) con “CHI” e “COME” parlare. Non solo: possiamo (e dobbiamo) anche risparmiare la nostra energia, lavorando con il pendolo. Questo aspetto, non l’ultimo, permette di parlare non solo della radiestesia “fisica” o “mentale” ma anche della radiestesia “spirituale” - per coloro che sono pronti a capire anche gli aspetti molto profondi dell’essere...
- Se siamo all’oscuro delle forze che imperversano dentro di noi, come possiamo essere certi al 100% delle risposte del pendolo?... Se non abbiamo dei mezzi per alzare un muro di fronte ai programmi negativi di cui siamo tutti bersagli? Per i programmi negativi intendo quella “sporcizia informazionale” di cui s’impregnano i nostri corpi sottili. Le tecnologie spirituali russe lo insegnano.
Un buon operatore radiestesico è colui che è in grado di effettuare una vera pulizia dei propri corpi sottili e di proteggerli in maniera permanente, per mettersi al sicuro di fronte agli attacchi e ai pericoli “sottili”; - Un operatore deve capire che le risposte vere le fornisce il suo Sé Superiore, in quanto parte del complesso e saggio Sistema della Mente Suprema, parafrasando Pavel, quello che è al di sopra della dualità e della mente conscia. Il Sé Superiore è in grado di fornire anche tutti gli strumenti per la verifica della qualità del lavoro radiestesico;
- Le risposte saranno più valide quanto più un operatore collaborerà in maniera informale con il suo Sé Superiore, che è il suo miglior maestro;
- Anche gli eventuali errori fanno parte dell’insegnamento fornito dal Sé Superiore all’operatore. In alcuni casi, tali errori possono diventare vere e proprie “trappole” (che però insegnano!);
- A differenza della radiestesia classica e occidentale, più “tecnica”, la radiestesia proposta dai miei maestri russi scopre l’ENORME IMPORTANZA della figura dell’operatore in qualità di una persona che sta camminando verso le proprie mete SPIRITUALI.
Il mio scopo è quello di far conoscere soprattutto la radiestesia russa e i metodi dell’autoguarigione russi basati sull’indagine radiestesica.
In questo libro cercherò di basarmi sia sulle nozioni apprese nel corso dei miei studi, sia, e soprattutto, sulle fonti russe, reperibili in internet, nei corsi dei maestri russi, nei forum, nel libri in lingua russa.
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