venerdì 17 maggio 2019

IL VERO SIGNIFICATO DELLA MEDITAZIONE DI Alice A. Bailey

Il vero significato della meditazione

L’attuale diffuso interesse per la meditazione è indice di un'esigenza mondiale che va chiaramente compresa. Quando notiamo una generale tendenza verso una determinata direzione, che rimanga ferma e costante, dobbiamo arguire che ne emergerà ciò che occorre al progresso della razza umana. E vero, purtroppo, che la meditazione viene considerata, da coloro che si accontentano di definizioni superficiali, una “forma di preghiera”. E tuttavia possibile dimostrare che nella retta comprensione del processo meditativo, e nel suo retto adattamento ai bisogni della civiltà moderna si troverà la soluzione del presente problema educativo, nonché il modo di accertare l’esistenza dell’anima cioè di quel “quid” vivente che chiamiamo “Anima”, in mancanza di un termine migliore.
Scopo di questo libro è la trattazione della natura e del vero significato della meditazione, e del suo uso su vasta scala in Occidente. Si accenna all’eventualità che essa possa prendere il posto degli attuali sistemi, basati sull’esercizio mnemonico, e dimostrarsi in tal modo un fattore potente nel metodo educativo moderno. E' un soggetto che da migliaia d’anni assorbe l’attenzione di pensatori sia orientali che occidentali, e quest’interesse comune è già di per sé un fatto importante. I prossimi sviluppi che porteranno il genere umano più avanti sul sentiero della sua coscienza in espansione dovranno certamente essere orientati verso la sintesi. Lo sviluppo della conoscenza umana dovrà attuarsi mediante la fusione delle tecniche adottate in Oriente e in Occidente per l’educazione mentale. Tale fusione è già in atto e pensatori dei due emisferi si stanno rendendo conto che essa condurrà a realizzazioni d’estrema importanza.
Edward Carpenter dice a tale proposito:
“Sembra che ci avviciniamo ad un’epoca in cui, con l’estendersi della nostra conoscenza a tutto il globo, si formerà naturalmente ed inevitabilmente una grande sintesi di tutto il pensiero umano... Da questo incontro di vari elementi sta già emergendo, in una forma ancor vaga e incerta, una filosofia che è certamente destinata a dominare il pensiero umano per un lungo periodo di tempo”.
In ciò stanno la gloria e la speranza del genere umano ed il grande trionfo della scienza. Gli uomini della terra sono ormai un popolo solo. L’eredità d’ogni razza è accessibile a tutte le altre; il meglio del pensiero di tutti i secoli è a disposizione di tutti; le antiche tecniche ed i metodi moderni devono incontrarsi e fondersi. Ognuno dovrà modificare la sua espressione esteriore, ognuno dovrà compiere uno sforzo per comprendere lo spirito sottostante che ha prodotto una fraseologia ed un tipo d’immagini particolari. Fatte queste concessioni, emergerà una struttura di verità che incarnerà lo spirito della Nuova Era. Alcuni pensatori moderni stanno rendendosene conto, ed Harry. A. Overstreet, ad esempio, scrive:
“Si suppone che la filosofia orientale abbia avuto poca presa sul pensiero occidentale, soprattutto a causa del suo metodo. Si ha però ragione di ritenere che l’influenza del pensiero occidentale su quello orientale, specialmente per ciò che riguarda la tenacia e la persistenza nello sperimentare, farà sì che in Oriente venga adottato un nuovo metodo filosofico; la profonda spiritualità del pensiero orientale verrà così espressa in forme più accessibili alla mentalità occidentale”.
Fino ad ora le due scuole avevano mantenuto un certo antagonismo, eppure la ricerca della verità era una sola; l’interesse per ciò che è, e ciò che può essere, non è limitato ad una sola di esse e i fattori con i quali hanno dovuto operare sono stati gli stessi. Sebbene la mente del pensatore orientale ricorra di preferenza all’immaginazione creativa, mentre quella dell’operatore occidentale tende a conclusioni scientifiche creative, tuttavia il mondo nel quale ambedue penetrano è lo stesso; lo strumento di pensiero che usano, dagli occidentali è definito “mente” e dagli orientali “sostanza mentale” (chitta); gli uni e gli altri si servono del linguaggio simbolico per esprimere le loro conclusioni e tutti pervengono ad un punto in cui le parole si rivelano incapaci di esprimere le possibilità intuite. C. G. Jung, uno di coloro che cercano di conciliare questi elementi finora discordanti, accenna a ciò nel seguente brano tolto da un suo Commentario ad un antico scritto cinese:
“La coscienza occidentale non è affatto la coscienza in generale; è piuttosto un fattore condizionato storicamente e limitato geograficamente, che rappresenta solo una parte dell’umanità. L’espansione della nostra coscienza non dovrebbe procedere a spese di altri tipi di coscienza, ma mediante lo sviluppo di quegli elementi della nostra psiche, che sono analoghi a quelli d’una psiche straniera, allo stesso modo in cui l’Oriente non può fare a meno della nostra tecnica, della nostra scienza e della nostra industria. L’invasione dell’Oriente, da parte dell’Europa, fu un atto di violenza compiuto su grande scala e ci ha lasciato il dovere noblesse oblige di comprendere la mentalità orientale. Ciò è forse più necessario di quanto oggi non sembri”.
W.E. Hocking di Harvard esprime lo stesso concetto in questi termini: “C’è motivo di sperare in un miglioramento fisico del genere umano, attuato con l’aiuto di una sana igiene mentale. Tramontata l’era dei ciarlatani, ed in una certa misura con il loro aiuto, si delinea la possibilità di ampliare costantemente l’auto-controllo a mano a mano che il senso spirituale di discipline come lo Yoga si assocerà agli elementi moderati della psicologia occidentale e ad un sano sistema etico. Nessuno di tali fattori ha valore se dissociato dagli altri”.
Coloro che hanno studiato entrambe le scuole ci dicono che il linguaggio mistico immaginoso dell’Oriente (come anche quello dei nostri mistici occidentali) non è che un velo, dietro al quale hanno sempre potuto penetrare coloro che sono dotati di percezione intuitiva. La scienza dell’Occidente, che da maggiore importanza alla natura della forma, ci ha pure condotti nel regno dell’intuizione, e sembrerebbe davvero che i due metodi possano fondersi e, scartando tutto ciò che non è essenziale. Si elaborerà così un nuovo metodo, fondato su antiche e dimostrate verità, per accostarsi al mistero centrale dell’uomo. C. G. Jung riprende quest’argomento nei seguenti termini:
“La scienza è il miglior strumento della mente occidentale e per suo mezzo si possono aprire più porte che non con le sole mani. Essa è ormai parte integrante della nostra comprensione, e annebbia la nostra visione interiore solo quando pretende di essere l’unico e il solo mezzo di intendere. Ma l’Oriente ci ha insegnato un’altra comprensione, più vasta, più profonda, più elevata: quella ottenuta tramite la vita. Conosciamo tale mezzo solo in modo vago, come un semplice sentimento nebuloso, colto qua e là dalla terminologia religiosa e perciò preferiamo citare la “saggezza” orientale tra virgolette, relegandola nell’oscura zona della fede e della superstizione. In tal modo il “realismo” orientale è completamente frainteso. Esso non consiste d’intuizioni sentimentali ed esagerata mente mistiche al punto da confinare con il patologico e provenienti da asceti, eremiti e maniaci; la saggezza dell’Oriente si basa invece su una conoscenza pratica... e non abbiamo la minima giustificazione per sottovalutarla”.

Come si educa la mente

Il nocciolo della questione sta nel come si educa la mente. La mente umana è evidentemente uno strumento che possiamo usare in due direzioni. Una è verso l’esterno. Funzionando in tal senso, la mente registra i nostri contatti con i mondi fisico e mentale in cui viviamo, e riconosce condizioni emotive e sensoriali, memorizza e pone in correlazione le nostre sensazioni, le nostre reazioni e tutto ciò che ad essa giunge tramite i cinque sensi ed il cervello. Questo campo di conoscenza è stato largamente esplorato, e la psicologia si è di molto inoltrata nella comprensione dei processi mentali. “Il pensare”, dice C. G. Jung, “è una delle quattro funzioni psicologiche fondamentali. E quella funzione psicologica che, in armonia con le proprie leggi, traduce le presentazioni date in rapporti concettuali. E un’attività di appercezione sia attiva che passiva. Il pensare attivo è un atto della volontà; quello passivo è un fatto accidentale”.
Come vedremo in seguito, nella meditazione è implicato proprio l’apparato pensante, il quale deve essere esercitato ad aggiungere a questa prima funzione della mente la capacità di volgersi in un’altra direzione e di registrare con altrettanta facilità il mondo interiore, o intangibile. Tale capacità di riorientarsi consentirà alla mente di registrare il mondo delle realtà soggettive, della percezione intuitiva e delle idee astratte. Questo è l’alto retaggio del mistico, ma non sembra essere ancora alla portata dell’uomo di media evoluzione.
Il problema che si pone oggi alla famiglia umana, tanto nel campo della scienza che in quello della religione, risulta dal fatto che i seguaci dell’una o dell’altra tendenza si trovano dinanzi alle porte di un mondo metafisico. Un ciclo di sviluppo si è concluso. L’uomo, quale entità pensante e senziente, sembra aver raggiunto un certo grado di comprensione dello strumento con cui deve operare. Egli si chiede quale uso debba farne. Dove lo condurrà la mente, che a poco a poco impara a padroneggiare?
Che cosa riserva all’uomo l’avvenire? Qualche cosa, lo sentiamo, di più bello e di più certo di quanto non sia stato fin qui conosciuto. Forse sarà un generale raggiungimento di quella conoscenza posseduta dal mistico individuale. Le nostre orecchie sono assordate dal frastuono della civiltà moderna, eppure a volte afferriamo quegli ipertoni che sono la testimonianza di un mondo non materiale. I nostri occhi sono accecati dalla nebbia e dal fumo delle nostre immediate vicinanze, eppure di quando in quando lampeggia una chiara visione che ci rivela uno stato d’essere più sottile e, diradando la nebbia, fa apparire “quella gloria che non fu mai in terra o in mare”. C. A. Bennet di Yale esprime queste idee con parole bellissime. Dice: “Una benda cade dagli occhi ed il mondo appare in una luce nuova. Le cose non sono più quelle di prima. Si ha la certezza che questo sia il mondo reale, il cui vero carattere è stato fino ad ora nascosto dalla cecità umana. “Dapprima l’esperienza è seducente, allettante. C’è il vago indizio di un mondo nuovo, e lo spirito è ansioso di percorrere oceani sconosciuti. Il mondo consueto va lasciato indietro. La grande avventura della religione ha inizio... “Da qualche parte deve pur esservi un punto di certezza. Un universo in espansione può provvedere un futuro sconfinato; ma chi dichiara che l’universo è tale afferma un fatto inalterabile circa la sua struttura, il quale è l’eterna garanzia della possibilità e della validità dello sperimentare... “L’uomo è un ponte. E lo è anche il superuomo, dal momento in cui comprendiamo che egli è soltanto il simbolo di uno strenuo ideale. La nostra unica certezza è che le porte dell’avvenire sono sempre aperte”.

Le porte dell’avvenire

Forse, il problema consiste in questo: le porte dell’avvenire sembrano aprirsi su un mondo immateriale, su un regno intangibile, metafisico, soprasensibile. Abbiamo quasi esaurito le risorse del mondo materiale, ma non abbiamo ancora imparato a funzionare in un mondo che non sia tale. A volte ne neghiamo addirittura l’esistenza. Siamo posti di fronte all’inevitabile esperienza denominata morte, e non facciamo alcun tentativo razionale per accertare se vi sia veramente una vita di là da essa. L’evoluzione ha prodotto una razza umana meravigliosa, dotata di un sensibile apparato di risposta e di una mente raziocinante. Possediamo i rudimenti di un senso chiamato intuizione e, così dotati, ci troviamo dinanzi alle porte del futuro e ci chiediamo: “A quale scopo è destinato questo complesso meccanismo, cui diamo il nome di essere umano?”. Abbiamo davvero raggiunto il nostro pieno sviluppo? Esistono sfumature nel significato della vita finora sfuggite alla nostra osservazione, appunto perché abbiamo poteri e capacità latenti, non ancora realizzati? Non siamo forse ciechi a tutto un vasto mondo di vita e di bellezza, dotato di leggi e fenomeni propri? I mistici, i veggenti, i pensatori di tutte le epoche, nei due emisferi, hanno sempre sostenuto che un tal mondo esiste.
Provvisto di quell’apparato che possiamo dire personalità, l’uomo si trova, con un passato dietro le spalle, in un presente caotico e dinanzi ad un avvenire per lui impenetrabile. Rimanere fermo gli è impossibile. Deve necessariamente procedere, e le varie organizzazioni educative, scientifiche, filosofiche, religiose, fanno quanto possono per indicargli la direzione da seguire e per presentargli una soluzione del suo problema.
Ciò che è statico e cristallizzato finisce per andare in pezzi; dove c’è arresto di crescita intervengono anormalità e regresso. Qualcuno ha detto che il pericolo da evitare è quello della “disintegrazione della personalità”. Se l’umanità non è potenziale, se l’uomo ha raggiunto il suo zenit e non può andare oltre, allora dovrebbe riconoscere questo fatto e declinare nel modo più facile e in bellezza. E incoraggiante notare come già nel 1850, si cominciasse a distinguere vagamente l’ingresso della Nuova Era, e come fin da allora i pensatori si preoccupassero che l’uomo non mancasse d’imparare la sua lezione e progredisse. Si noti come le seguenti parole di Carlyie siano appropriate al periodo che stiamo attraversando.
“Nei giorni in cui viviamo, perfino gli stolti si chiedono quale possa essere il significato di quanto accade; poche generazioni umane hanno visto tempi più impressionanti. Continue calamità, cataclismi, sfacelo, confusione indicibile... Una piccola speranza non ci può bastare, poiché la rovina è chiaramente... universale. Se il mondo deve continuare ad esistere, va assolutamente rinnovato. Che gli esseri umani in Europa possano mai ritornare al vecchio e misero ordinamento ed in esso procedere con qualche fermezza e continuità, non è ormai più da sperare. Questi tempi di morte universale devono essere giorni d’universale rinascita perché la rovina non sia totale e definitiva. È tempo di far sì che anche il più ottuso fra gli uomini sia portato a domandarsi donde venga e dove vada”.
Se consideriamo i settant’anni trascorsi dal momento in cui Carlyie scrisse quanto sopra, dobbiamo riconoscere che l’umanità non ha mancato di progredire. L’era dell’elettricità è stata inaugurata, e le meraviglie dei conseguimenti scientifici moderni sono note a tutti. In questo periodo di nuova crisi, si può quindi procedere con ottimismo e coraggio, poiché le porte della Nuova Era si delineano oggi molto più chiaramente. E' forse anche vero che solo ora l’uomo stia raggiungendo la maggiore età e sia in procinto di entrare in possesso del proprio retaggio, scoprendo in sé poteri e capacità, facoltà e tendenze che sono garanzia di una natura umana vitale e produttiva e di esistenza eterna. Sta per concludersi lo stadio in cui si dava importanza massima al meccanismo, all’insieme delle cellule costituenti il corpo ed il cervello, con le loro reazioni automatiche al piacere, al dolore ed al pensiero. Della macchina Uomo sappiamo molto.
Abbiamo un grande debito di riconoscenza verso gli psicologi della scuola meccanicistica, con le loro scoperte riguardanti l’apparato per mezzo del quale l’essere umano entra in contatto col suo ambiente. Ma esistono, tra noi, uomini che non sono soltanto macchine. Abbiamo il diritto di misurare i limiti delle nostre capacità e la nostra grandezza potenziale in base ai conseguimenti dei migliori fra noi; tali uomini non sono prodotti dal capriccio divino o da un cieco impulso evolutivo, sono invece la garanzia del compimento finale dell’umanità nel suo complesso.

La natura dell’uomo

Irving Babbitt osserva che nella natura dell’uomo vi è qualcosa “che lo distingue, semplicemente come uomo, dagli altri animali, e ciò è stato definito da Cicerone “un senso d’ordine, di decoro, di misura, negli atti e nelle parole”. Babbitt soggiunge (e questo è il punto da notare) che “il mondo sarebbe migliore di quanto non sia, se un numero maggiore di uomini si fossero assicurati di essere veramente umani, prima di atteggiarsi a superuomini”. Vi è, forse, uno stadio intermedio in cui funzioniamo come uomini, osservando i rapporti umani, sbrigando i compiti che ci spettano e adempiendo in tal modo il nostro destino attuale. C’è da domandarsi se persino tale stadio sia tuttora generalmente in atto, se pensiamo che ancora oggi vi sono al mondo milioni di analfabeti! Ma, contemporaneamente a questo tendere verso la pura e semplice umanità e a questo divergere dal livellamento uniforme dell’unità umana, emerge un gruppo di uomini cui viene dato il nome di mistici. Essi testimoniano di un altro mondo di esperienze e di contatti. Testimoniano di realizzazioni personali, di manifestazioni fenomeniche e di stati d’animo, di cui l’uomo comune non sa nulla. Come dice C. A. Bennett: “I mistici stessi hanno descritto il loro raggiungimento come penetrazione del significato dell’universo e come comprensione dell’unità del tutto. Essi hanno trovato la chiave”.
Sono apparsi attraverso i secoli ed hanno proclamato unanimi: vi è un altro regno della natura. Esso ha leggi, relazioni e fenomeni propri. E il regno dello spirito. L’abbiamo scoperto, ed anche voi potete accertarne la natura. Questi testimoni si dividono in due gruppi: i ricercatori puramente mistici ed emotivi, che pervengono alla visione e sono rapiti in estasi dinanzi alla bellezza che hanno percepito, ed i conoscitori, i quali aggiungono al rapimento emotivo un conseguimento intellettuale (un orientamento della mente) che consente loro qualcosa di più che intuire e gioire. Comprendono, sanno, e si identificano con quel nuovo mondo dell’essere verso cui il mistico puro si protende. La linea di demarcazione fra i conoscitori delle cose divine e coloro che percepiscono la visione è assai sottile.
Vi è però una zona di terreno neutro, fra i due gruppi, dove ha luogo una grande transizione. Vi è un interludio nell’esperienza e nello sviluppo, che trasforma il mistico visionario in conoscitore pratico. Esiste un procedimento tecnico, al quale il mistico può sottoporsi per raggiungere la coordinazione e sviluppare in sé un nuovo e sottile apparato che gli permetterà non soltanto di vedere la realtà divina, ma di essere quella realtà stessa. È, proprio con questo processo di transizione, con questa educazione del mistico, che la meditazione ha a che fare. E ciò di cui tratteremo in questo libro. Permettere all’uomo di entrare in possesso della sua eredita in quanto essere umano, e la funzione degli educatori e degli psicologi. Sono essi che debbono guidarlo fino alle soglie del mondo mistico. Per quanto possa sembrare paradossale, il compito di condurlo al suo retaggio spirituale spetta invece alla religione e alla scienza. M. Pupin dice: “La scienza e la religione si sorreggono a vicenda: sono i due pilastri del portale attraverso cui l’anima umana penetra nel mondo in cui dimora la divinità”.
Diamo al vocabolo “spirituale” un significato ampio. Non parlo qui di verità religiose; le varie formulazioni che ci provengono da teologi ed ecclesiastici appartenenti alle grandi organizzazioni religiose, sia orientali che occidentali, possono essere vere, o no. Usiamo la parola “spirituale” pei intendere quel mondo di luce e di bellezza, di ordine e di proposito, del quale parlano le sacre Scritture, quel mondo che è oggetto di attenta ricerca da parte degli scienziati e in cui sono sempre penetrati i pionieri della famiglia umana, per tornare poi a narrarci le loro esperienze. Consideriamo spirituali tutte le manifestazioni della vita, ed estendiamo così il significato usuale di questa parola, in modo che includa le energie e le potenze che sono alla base di ogni forma della natura e conferiscono loro le qualità e le caratteristiche essenziali. Per migliaia di anni, dovunque, i mistici e i conoscitori hanno testimoniato esperienze in mondi più sottili, dove sono entrati in contatto con forze e con fenomeni non appartenenti al mondo fisico. Riferiscono incontri con esseri angelici; parlano della grande nube di testimoni; comunicano con i fratelli maggiori del genere umano, i quali operano in altre dimensioni, dimostrando poteri di cui i comuni mortali non sanno nulla; parlano di luce e di gloria; di conoscenza diretta della verità e di un mondo di fenomeni che è lo stesso per i mistici di ogni tipo. Pur ammettendo che molte testimonianze siano da scartare come frutto di allucinazione, che molti degli antichi santi siano stati dei nevrotici e psicopatici, resta pur sempre un largo numero di testimonianze, e di testimoni degni di fiducia che le affermano, e della cui veridicità non abbiamo ragione di dubitare. Questi testimoni del mondo invisibile si sono espressi con parole potenti, hanno recato messaggi tali da plasmare i pensieri degli uomini e dirigere la vita di milioni di essi. Hanno proclamato l’esistenza di una conoscenza spirituale scientifica e di una tecnica di sviluppo, per cui gli uomini possono pervenire all’esperienza mistica e conoscere Dio.
In questo libro ci occuperemo di tale scienza, e cercheremo di sviluppare questa tecnica. Essa tratta del giusto uso della mente per mezzo della quale il mondo dell’anima si rivela e viene trovata ed aperta la porta segreta che conduce dalle tenebre alla luce, dalla morte all’immortalità, dall’irreale al Reale. La soluzione ultima del nostro problema mondiale sta nella conquista di questa conoscenza, che non è prerogativa particolare né dell’Oriente né dell’Occidente, ma è nota ad entrambi. Da un’amichevole intesa fra Oriente ed Occidente, e dalla fusione del loro più scelto patrimonio di pensiero, scaturirà un insegnamento sintetico ed equilibrato, che libererà le generazioni future. Tutto ciò deve avere inizio nel campo educativo e nell’ambito giovanile.

In Occidente, la coscienza e stata focalizzata sugli aspetti materiali della vita e tutto il potere mentale è stato concentrato sul dominio e sull’utilizzazione dei beni materiali, sull’acquisizione di comodità fisiche, sull’accumulo di ricchezze terrene. In Oriente, dove le realtà spirituali sono state conservate in modo più uniforme, il potere mentale e stato invece usato per la concentrazione e la meditazione, per profondi studi filosofici e metafisici, ma le masse, incapaci di tali attività, sono state abbandonate, dal punto di vista della vita fisica, in condizioni terribilmente penose. Dalla fusione dei risultati raggiunti dalle due civiltà (che progredisce ora con rapidità sempre crescente), deriverà un equilibrio per cui la famiglia umana nel suo insieme potrà dimostrare l’intera sua potenza. Tanto l’Oriente quanto l’Occidente stanno imparando ad attingere l’uno dall’altro con reciproco vantaggio, e il lavoro in questo campo è una delle fondamentali necessità del ciclo attuale.

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