Un tempo il calendario seguiva il ciclo lunare e ogni mese iniziava col primo giorno di Luna Nuova detto Calende. Alle calende di Febbraio si onorava Giunone purificata che veniva perciò definita Dea Februa. Questo momento dell’anno conta una distanza di circa 40 giorni dal Solstizio. Anticamente si contavano 40 giorni dall’Epifania, che coincideva circa, con la fine dei 12 giorni sacri legati al Solstizio. Epifania significa manifestazione del divino, del divino in ogni sua forma. L’antica religione vedeva in questo momento sacro la discesa delle Dee che benedivano i campi per renderli fertili. I 40 giorni rappresentavano la purificazione del corpo femminile dopo la nascita di un figlio. Anche in Levitico 12 vengono citate le regole sacre da applicare dopo il parto che anche Maria, come ogni donna, dovette seguire:
1 Il Signore aggiunse a Mosè: «Riferisci agli Israeliti: 2 Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. 3 L'ottavo giorno si circonciderà il bambino. 4 Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione. 5 Ma, se partorisce una femmina sarà immonda due settimane come al tempo delle sue regole; resterà sessantasei giorni a purificarsi del suo sangue. 6 Quando i giorni della sua purificazione per un figlio o per una figlia saranno compiuti, porterà al sacerdote all'ingresso della tenda del convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio di espiazione. 7 Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il rito espiatorio per lei; essa sarà purificata dal flusso del suo sangue.
Per gli antichi romani il periodo in questione coincideva con i lupercali, dedicati al Dio Fauno nella forma di Luperco, divinità che proteggeva il bestiame dagli attacchi dei lupi. I riti avevano lo scopo di purificare, vi erano molti luci e fiaccolate. Andando ancora indietro nel tempo possiamo far coincidere il periodo con un momento particolare dell’anno: gli ultimi colpi di coda dell’inverno. Il preannunciarsi della primavera e le ore luminose del giorno, che, finalmente, si manifestano in modo più tangibile. La montata lattea delle pecore e la nascita dei primi agnellini…
Il momento della luce quindi e di tutte quelle cerimonie e usanze legate alla Candelora e alla benedizione delle candele.
E’dal XVII secolo che nella mia bellissima città si celebra il rito dell’accensione del cilostar, un’enorme candela che vede una storia antica. Quando i Visconti ( nel XV secolo) si divisero la proprietà e il territorio, tra le due fazioni del borgo, parte alta e parte bassa, si creò una certa rivalità, per evitare lotte troppo dure, la buona gente decise di fare una gara pacifica, a beneficio della comunità. Si raccoglieva, durante l’anno tanta cera d’api allo scopo di confezionare un lume da offrire alla chiesa, la fazione che lo faceva più grande era considerata come vincente. Con la cera del cilostar più piccolo si facevano le candele per gli usi religiosi durante l’anno. Alla festa della purificazione si benedivano dunque le candele in chiesa mentre le streghe preparavano la candela madre con un metodo particolare tramandato di famiglia in famiglia.
La candela della candelora era in pura cera d’api e si accendeva in caso di tempeste, pericolo o malattia. La si teneva appesa in camera da letto e andava consumata durante l’anno. Il moccolo rimanente aveva virtù salutari ed era considerato ingrediente di grande potenza. I frati e i guaritori lo usavano come base per gli unguenti curativi e di bellezza. La cera d’api conteneva le proprietà di alcune sostanze salubri e aiutava la pelle a cicatrizzarsi dalle ferite. Gli unguenti andavano preparati con succhi, erbe e poi mescolati con un cucchiaio di legno o un bastoncino di nocciolo o acacia.
Quando vidi per la prima volta la consacrazione della candela presso un’anziana donna, mi sembrò di entrare in una dimensione magica e unica. A bagnomaria, su una vecchia stufa, la cera fondeva, sembrava oro liquido. Il profumo assomigliava a quello del miele ma era meno dolce, sembrava rendesse più soffusa l’atmosfera. La vecchia immergeva una corda sottile nel liquido e poi una volta asciutto rfaceva l’operazione, strato su strato la candela prendeva la forma di un’enorme goccia. Una volta pronta veniva posto un simbolo al centro della candela che veniva conservata in un telo bianco di lino avvolta con alcune erbe: rosmarino, verbena, salvia o petali di rosa disseccati.
Consacrare le candele per tutto l’anno può risultare difficile, non si sa quante ne serviranno ne di che colore… basterà allora prepararne una: si prende una candela bianca, si passa nel fumo di un erba o una resina purificante : Rosmarino, salvia o incenso di olibano, poi si ungerà di olio di oliva dicendo: Ti vesto di luce a ogni tua fiamma luce sia! Luce sia! Luce sia!.
Si conserva in un sacchettino di tela bianca naturale con le erbe (le stesse usate per purificarla) e si accende (per i pochi minuti necessari) quando si consacrano le candele durante l’anno. Si passa la candela da purificare vicino alla sua fiamma (fare attenzione alle scottature e farlo velocemente senza farla scioglierla, deve essere un gesto simbolico) e dire: Per la prima luce di febbraio, di luce io ti vesto, renditi Pura! Pura! pura!. La candela madre va usata solo fino alla candelora successiva quando se ne farà una nuova.
Cesarina Briante ©
Fonti orali comparate con :
Nelida Caffarello, Dizionario archeologico di antichità classiche, Olschki, 1971
A. Rossi, Somma Lombardo, da borgo antico a città moderna,Industrie grafiche di Gorla S.p.A. Gorla Minore,1982
Per Levitico 12 cit. biblica tratta dal sito: laparola. net
Fotografia dell’autrice
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