lunedì 13 ottobre 2014

SAN RAFFAELE STORIA, APPARIZIONI, PREGHIERE E BENEDIZIONE DELLE MEDICINE

SAN RAFFAELE

Raffaele significa medicina di Dio e di solito si rappresenta questo arcangelo insieme a Tobia, mentre lo accompagna o lo libera dal pericolo del pesce. Il suo nome compare soltanto nel libro di Tobia, dove egli viene presentato come modello di angelo custode, perché protegge Tobia da tutti pericoli: dal pesce che voleva divorarlo (6, 2) e dal demonio che l’avrebbe ucciso con quegli altri sette pretendenti di Sara (8, 3). Guarisce la cecità del padre (11, 11) e così manifesta il suo carisma speciale di essere medicina di Dio e patrono di coloro che curano i malati. Sistema la faccenda dei soldi prestati a Gabaele (9, 5) e consiglia a Tobia di sposarsi con Sara.
Umanamente, Tobia non si sarebbe mai sposato con Sara, perché aveva paura di morire come i precedenti mariti di lei (7, 11), ma Raffaele guarisce Sara dalle sue paure e tranquillizza Tobia affinché si sposi, perché quel matrimonio è voluto da Dio da tutta l’eternità (6, 17). Lo stesso Raffaele è colui che presenta le preghiere di Tobia e della sua famiglia davanti a Dio:Quando pregavate, io presentavo le vostre orazioni davanti al Santo; quando tu seppellivi i morti, anch’io ti assistevo; quando senza pigrizia ti alzavi e non mangiavi per andare a seppellirli, io ero con te (12, 12-13).
 Raffaele viene considerato il patrono dei fidanzati e dei giovani sposi, perché sistemò tutto ciò che riguardava il matrimonio fra Tobia e Sara e risolse tutti i problemi che ne impedivano la realizzazione. Per questo tutti i fidanzati devono raccomandarsi a san Raffaele e, per mezzo di lui, alla Madonna che, come Madre perfetta, si preoccupa della loro felicità. Così Lei fece infatti alle nozze di Cana, durante le quali ottenne da Gesù il primo miracolo per far felici i neo sposi.
Inoltre san Raffaele è un buon consigliere familiare. Invita la famiglia di Tobia a lodare Dio: Non temete; la pace sia con voi. Benedite Dio per tutti i secoli. Quando ero con voi, io non stavo con voi per mia iniziativa, ma per la volontà di Dio; lui dovete benedire sempre, a lui cantate inni. [...] Ora benedite il Signore sulla terra e rendete grazie a Dio. Io ritorno a colui che mi ha mandato. Scrivete tutte queste cose che vi sono accadute (12, 17- 20). E consiglia a Tobia e a Sara di pregare: Prima di unirti a lei, alzatevi tutti e due a pregare. Supplicate il Signore del cielo perché venga su di voi la sua grazia e la sua salvezza. Non temere: Essa ti è stata destinata fin dall’eternità. Sarai tu a salvarla. Ti seguirà e penso che da lei avrai figli che saranno per te come fratelli. Non stare in pensiero (6, 18).
E quando si trovarono da soli nella stanza da letto, Tobia disse a Sara: Sorella, alzati! Preghiamo e domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza. [...]
Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: Non è cosa buona che l’uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine di intenzione. Degnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia.
E dissero insieme: Amen, amen! (8, 4-8).
 È importante pregare in famiglia! La famiglia che prega unita, rimane unita. Inoltre, san Raffaele è patrono speciale dei marinai, di tutti coloro che viaggiano per acqua e di coloro che vivono e lavorano vicino all’acqua, poiché, siccome liberò Tobia dal pericolo del pesce nel fiume, può liberare anche noi dai pericoli delle acque. Per questo è patrono speciale della città di Venezia.
Per di più è patrono dei viandanti e dei viaggiatori, che lo invocano prima di intraprendere un viaggio, perché egli li protegga come protesse Tobia nel suo viaggio.
Ed ancora è patrono dei sacerdoti che confessano e amministrano l’unzione degli infermi, poiché la confessione e l’unzione degli infermi sono sacramenti di guarigione fisica e spirituale. Per questo i sacerdoti dovrebbero chiedere il suo aiuto specialmente quando confessano ed amministrano l’estrema unzione. È patrono dei non vedenti, perché può guarirli dalla cecità come fece al padre di Tobia. Ed in modo molto speciale è patrono di coloro che curano o badano agli infermi, concretamente, dei medici, degli infermieri e delle badanti.
 La medicina non deve essere un atto semplicemente terapeutico senza compassione o amore. Una medicina disumanizzata, che vede soltanto i mezzi scientifici e tecnici, non può essere totalmente efficace. Per questo è imprescindibile nell’esercizio della medicina e della cura agli infermi, che il paziente e chi lo assiste, siano in grazia di Dio e invochino san Raffaele con fede, come inviato da Dio per guarire.
Dio può fare miracoli o può guarire per via ordinaria attraverso i medici e le medicine. Ma sempre la salute è un dono di Dio. Peraltro è molto significativo ed utile far benedire i medicinali nel nome di Dio prima di assumerli. È importante che siano benedetti da un sacerdote; però, se non c’è tempo o possibilità di farlo, noi stessi o un familiare può pronunciare questa preghiera o una simile:
O Dio, che meravigliosamente hai creato l’uomo ed ancor più meravigliosamente lo hai redento, degnati di soccorrere con il tuo aiuto tutti i malati. Ti chiedo specialmente per... Esaudisci le nostre suppliche e benedici queste medicine (e questi strumenti medici) affinché colui che le prenda o sia sotto la loro azione, possa essere guarito per la tua grazia. Te lo chiediamo, Padre, per intercessione di Gesù Cristo, tuo Figlio e per l’intercessione di Maria, nostra Madre e di san Raffaele arcangelo. Amen.
 La benedizione delle medicine risulta molto efficace quando viene realizzata con fede e il malato è in grazia di Dio. Padre Dario Betancourt riferisce il caso seguente:
A Tijuana, in Messico, Carmelita de Valero doveva prendere una medicina che le causava una sonnolenza permanente  e tale da impedirle di compiere i suoi doveri di sposa e di madre. Suo marito, José Valero, lei ed io pregammo per le medicine. Il giorno dopo la donna non aveva sonno ed era felice, si prendeva cura di noi con molto amore e sollecitudine.
 Lo stesso padre Dario, durante un suo viaggio in Perù, raccontò che negli Stati Uniti c’era un’associazione di medici cristiani che si riunivano a pregare per i loro pazienti e succedevano cose straordinarie. Uno dei fatti più sorprendenti era che, quando pregavano per la chemioterapia che somministravano ai pazienti ammalati di cancro, quelli che la ricevevano benedetta non perdevano i capelli. In questo modo comprovavano concretamente la potenza di Dio attraverso la preghiera.
 Vediamo ora alcune esperienze e apparizioni in relazione con san Raffaele.
 Santa Francesca delle Cinque Piaghe, nota stigmatizzata di Napoli, canonizzata da Pio IX nel 1867, aveva l’arcangelo Raffaele per suo migliore amico. Egli la consolava quando aveva dei dispiaceri e la curava quand’era malata. Un giorno, il suo direttore Francesco Saverio Bianchi, beatificato da Leone XIII, mentre si trovava con lei, sentì un profumo di paradiso. Chiese alla santa una spiegazione e lei gli disse: Non si meravigli, perché qui in mezzo a noi c’è l’arcangelo Raffaele.
 Nel 1786 la stessa santa si ammalò gravemente ed era incapace di fare il più piccolo movimento. Don Giovanni Pessiri volle aiutarla e le portò una tazza di cioccolata e la depose sul comodino, dicendole di prenderla, mentre lui andava a sbrigare alcune incombenze del suo ministero sacerdotale. La povera malata non sapeva come obbedire perché non riusciva a muoversi, e chiese aiuto al suo grande protettore san Raffaele. All’istante una mano invisibile le avvicinò la tazza e, dopo averle fatto bere la cioccolata, la raccolse e l’appoggiò al suo posto. Maria Francesca, consolata e grata, rese grazie a Dio e al suo celeste arcangelo.
 Un’altra volta le si presentò l’arcangelo Raffaele come un giovane di straordinaria bellezza e vestito di bianco.
L’arcangelo le disse: Io sono san Raffaele. L’Altissimo mi ha inviato a guarirti la piaga del tuo costato che sta per andare in cancrena. Rinnova la tua fede in Dio e Lui ti benedirà. Il giorno dopo la piaga del petto era guarita.
Il gentile arcangelo le faceva da infermiere e l’aiutava tagliandole il pane e le diceva con un dolce sorriso che lei non era in grado di fare da sola. La santa godette di una grande familiarità con l’arcangelo, che era il suo speciale protettore e guardiano.
 Nella città di Pozzuoli in Italia si venera in modo speciale l’arcangelo Raffaele. Uno dei suoi abitanti era molto malato e pensò di andare a Napoli per farsi curare, raccomandando il suo viaggio a san Raffaele. La notte prima del viaggio si aggravò e non poté viaggiare. Alcuni giorni dopo volle confessarsi e chiese a padre Celso, un domenicano del convento di Gesù e Maria, di venirlo a confessare. Gli disse che sua madre, nel vederlo così infermo, lo aveva raccomandato all’arcangelo Raffaele. Gli raccontò anche che quel giorno, nel dormiveglia, gli era sembrato di morire e di essere portato alla presenza di Dio. E il giudice divino gli mostrò con severità che meritava la condanna eterna per i peccati mal confessati. A quel punto vide al suo fianco l’arcangelo che gli disse: Io sono Raffaele e voglio aiutarti. Chiamerai il padre e farai una buona confessione e Dio ti ritirerà la condanna.
Così avvenne. Il moribondo si confessò e ricevette l’assoluzione, lasciando questa vita tra chiari segnali di salvezza.
 San Giovanni di Dio (1495-1550) era molto devoto a san Raffaele. Una notte mancò l’acqua nella fontana per i servizi e andò di buon mattino alla piazza di Vivarrambla con due anfore e tardò a tornare perché il luogo era abbastanza lontano. Quando arrivò all’ospedale trovò in cucina i piatti lavati, il pane e tutto preparato, i letti rifatti, le sale spazzate e tutto in ordine.Chiese, meravigliato, ai malati chi aveva fatto in sua assenza i lavori e tutti gli risposero che era stato proprio lui.
Non posso essere stato io quand’ero lontano da qui.
Insistettero che era stato lui perché l’avevano visto, come tutti i giorni, svolgere i diversi servizi. Allora egli, pieno di gioia, esclamò: Veramente, fratelli, Dio ama molto i suoi poveri, infatti manda angeli a servirli. E pensò che l’arcangelo Raffaele, prendendo le sue sembianze, aveva fatto i suoi lavori.
 Una notte molto fredda e piovosa il servo di Dio, uscendo dalla via Zacatin, incontrò un povero intirizzito che chiedeva aiuto. Giovanni gli disse: Vieni con me, fratello, al nostro ospedale, e trascorrerai la notte al riparo.
Il povero gli disse che era invalido e gli mancavano le forze per sostenersi in piedi. E Giovanni se lo caricò su una spalla mentre sull’altra portava la sporta con i tegami dei cibi raccolti. Si mise a camminare in fretta, spinto dalle forze dello spirito più che da quelle del corpo, debilitato com’era da digiuni e sforzi. Il peso era superiore alle sue forze umane e Giovanni cadde con le sue elemosine e il suo povero all’inizio di Calle de los Gomerez... Mentre cercava di sistemare di nuovo sulla sua spalla l’uomo, un giovane molto bello lo aiutò e, prendendolo per la mano, disponendosi ad accompagnarlo, gli disse: Fratello Giovanni, Dio mi manda ad aiutarti nel tuo ministero e a farti sapere quanto questo gli è gradito; sappi che tutto ciò che fai per il Signore io ho l’incarico di scriverlo in un libro.
Giovanni gli chiese chi fosse e il giovane rispose: Sono l’arcangelo Raffaele, destinato da Dio ad essere tuo compagno, custode tuo e di tutti i tuoi fratelli.
Un pomeriggio nel suo ospedale di Granada, all’ora di cena, san Giovanni di Dio si rese conto che il pane non sarebbe stato sufficiente. Pregò Dio e in pochi minuti un giovane si presentò alla porta dell’infermeria. Il nostro santo riconobbe il suo amico e protettore san Raffaele e disse ai malati: Coraggio, fratelli, gli angeli di Dio vengono a servirvi.
L’arcangelo si avvicinò a Giovanni e con grande familiarità disse: Fratello mio, noi formiamo un solo Ordine, perché ci sono uomini che sotto una povera veste sono uguali agli angeli. Prendete il pane che il cielo vi invia. E scomparve lasciando Giovanni e i suoi poveri pieni di consolazione e di gioia spirituale.
 Un altro giorno, arrivava l’ora del pranzo e non aveva nemmeno un pezzetto di pane da dare ai suoi poveri. Tuttavia prese la cesta e uscì molto fiducioso di trovare il necessario.
Nell’attraversare una strada, vide venire verso di lui un uomo a cavallo, che gli offrì una quantità di pane maggiore rispetto a quella di cui aveva bisogno, scomparendo subito dopo.
Giovanni di Dio fece ritorno all’ospedale benedicendo il Signore, e, sia lui che i testimoni del fatto, giudicarono che questa generosità proveniva da un angelo apparso in forma umana.
 Alla vigilia di un Natale il santo venne informato che non c’era più combustibile per la cucina. Insieme a due fratelli andò nel bosco e incominciò a tagliare legna. Anche se si sforzavano molto, il lavoro era molto lungo e si faceva buio. Allora si presentarono due uomini vigorosi che, in meno di un’ora, abbatterono alberi e ne tagliarono a pezzi i rami, formando fascine in quantità tale da riempire diverse carrette. I due religiosi dissero a Giovanni: Se ci fosse qui un carro, potremmo portare via legna per molto tempo. Il santo non rispose, ma sorrideva misteriosamente.
Figlioli, non preoccupatevi, noi che l’abbiamo tagliata la porteremo, risposero i legnaioli celesti.
 Si fece molto buio e affinché non si perdessero né finissero in qualche precipizio, due torce luminose, portate da mani invisibili, illuminarono il cammino a Giovanni e ai suoi confratelli. Ma la loro ammirazione arrivò al colmo quando, entrando nel cortile dell’ospedale, vi trovarono ben sistemata tutta la legna che avevano visto tagliata sul monte.
 Mentre si trovava gravemente malato in fin di vita, il santo ricevette una notte la visita dell’arcangelo Raffaele, che lo incoraggiò e gli rivelò il giorno della sua morte.
Poco prima di morire disse a quelli che lo circondavano: La notte scorsa l’arcangelo Raffaele mi è venuto a trovare e mi ha dato la certezza che il Signore mi userà la misericordia di chiamarmi al suo fianco.
Dopo avermi dato la comunione, la Santissima Vergine, san Raffaele e san Giovanni Evangelista, mi hanno favorito con la loro presenza, promettendomi che sarebbero stati i protettori dell’Opera che io ho iniziato.
 In Spagna, nella città di Cordova, c’era una peste terribile. I morti erano molti e rimanevano persino a terra per le strade senza che nessuno avesse il coraggio di raccoglierli. Ma la cosa triste era che molti morivano senza sacramenti, perché c’erano pochi confessori sopravvissuti. Simone de Sousa, religioso che per tutta la sua vita era stato un grande devoto dell’ arcangelo Raffaele, si faceva in quattro per accudire i malati e portare le elemosine ai bisognosi. Ma vedendo che il suo lavoro era  insufficiente, chiese alla Vergine di mandargli san Raffaele per soccorrere gli infermi.
L’angelo gli apparve sotto le sembianze di un giovane di una bellezza straordinaria e gli disse: io sono Raffaele e vengo ad aiutarti. Le tue preghiere, le tue elemosine e, soprattutto, la tua umiltà e carità hanno un grande valore agli occhi di Dio; Dio aiuterà questa città con le dolcezze della sua clemenza. Vai dal vescovo e digli di mettere una mia immagine sotto il campanile della cattedrale e di esortare tutti a ricorrere a me.
Immediatamente gli ammalati verranno guariti, a condizione che si raccomandino alla Regina degli Angeli. Tutti coloro che ricorreranno alla mia intercessione e porteranno la mia immagine, verranno liberati dalla peste e dal demonio impuro Asmodeo, che fa perdere gli uomini e li allontana da Dio.
 Simone corse a dare il messaggio al vescovo. La città obbedì all’invito di Raffaele e promise di celebrare ogni anno una festa speciale per ricordare la celeste apparizione. Subito la peste scomparve e la città di Cordova venne consacrata a san Raffaele arcangelo. In una delle sue piazze pubbliche venne collocata nel 1884 una statua monumentale del santo arcangelo come patrono e liberatore della città.
 Padre Richa, gesuita, in un piccolo libro pubblicato nel 1751, dice che c’era a Firenze un monastero di religiose benedettine molto devote a san Raffaele. Il confessore del convento, il carmelitano padre Alvizzo, aveva anch’egli molta fiducia nell’arcangelo. Queste buone religiose dovettero subire una grande prova relativa nientemeno che alla loro reputazione. La questione fu portata fino alla Santa Sede e le religiose erano molto amareggiate. Un giorno, verso le cinque del pomeriggio, sentirono bussare molto forte alla porta del convento. Andò ad aprire la suora portinaia e vide un giovane pellegrino che chiedeva l’elemosina, dicendo: Vado a Roma e là vi aiuterò e al mio ritorno vi porterò buone notizie. La comunità preghi per nove giorni i salmi “i cieli narrano la gloria di Dio” (sal 129) e “dal profondo a te grido, Signore” (sal 130). E accenda nove ceri di cera bianca in onore dei nove cori angelici.
 Il confessore era stato consolato da una visione di san Raffaele e tutte le suore obbedirono con sollecitudine. Un giorno, dopo qualche tempo, di domenica 1º ottobre, verso le sei di sera, la madre badessa si trovava con alcune religiose quando un giovane le raggiunse in fretta e disse loro: buone notizie. È se ne andò.
 In effetti, il problema era stato risolto e le suore si trovarono libere da ogni preoccupazione. Come prova di riconoscenza la badessa, Margherita Macci, fece rappresentare in un quadro san Raffaele vestito da pellegrino come era loro apparso. Le religiose stabilirono di recitare tutte le sere, dopo compieta, i salmi raccomandati dall’arcangelo. Inoltre per nove giorni consecutivi prima della festa dei santi arcangeli, il 29 settembre, accendono nove ceri di cera bianca in onore dei nove cori degli angeli (29).
http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/gabriele%20raffaele%20michele%20arcangeli%20potenti%20per%20noi.htm


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